Aborto spontaneo: il dolore psicologico

Aborto spontaneo: il dolore psicologico

E’ un dolore che non passa, una sensazione di vuoto che ti accompagna tutta la vita, anche se poi diventi mamma o già lo sei. Il legame con il proprio figlio si instaura nel momento in cui scopri che lui è dentro di te, lui c’è, sta crescendo. Poi all’improvviso finisce tutto, lui se ne va, così come è arrivato e tu non puoi vederlo, non puoi abbracciarlo. Il mondo ti crolla addosso, il cuore si spezza ed hai la sensazione di aver fallito. Eppure non è colpa tua, non dipende da te, è la natura che decide, che fa il suo corso. Allora ti dici che non poteva vivere, che aveva problemi ed è meglio che se ne sia andato subito. Alzi la testa, guardi avanti, ti fai coraggio e pensi che la prossima volta lui tornerà o che rimarrà in cielo a vegliare su di te, come un angelo.
La vita va avanti, torni a lavoro, esci, ti dedichi alla famiglia, ma dentro di te  rimarrà quello spazietto vuoto nel cuore che era solo per lui, per tuo figlio. Le persone non capiranno mai come ti senti, ti diranno che è meglio così, che ne arriverà un altro, che tutto passerà e non potranno mai sapere come ti sei sentita quel giorno, come ti senti dopo e ti sentirai tutta la vita: solo chi ci è passato può comprendere.
Tu eri lì, già lo immaginavi, ti chiedevi come sarebbe cambiata la tua vita, già contavi i giorni che ti separavano dall’abbracciarlo. E non importa quando avviene l’aborto, il primo mese, il terzo, questo non conta perché il legame c’è e si spezza nel momento in cui il suo cuoricino smette di battere o quando scopri che non c’è più senza neanche averlo mai sentito.
L’esperienza dell’aborto è un’esperienza traumatica sia dal punto di vista fisico che psicologico e non bisogna mai sottovalutarla. L’idea che la colpa sia propria va, però, subito abbandonata, bisogna reagire per quanto possibile, lasciarsi alle spalle la tristezza e l’angoscia, per non rischiare di andare incontro a forme più gravi di depressione. Il tempo aiuta, parlarne aiuta, rivolgersi ad uno psicologo, se si sente la necessità, aiuta. Il ricordo rimarrà, la tristezza spesso tornerà, ma l’amore, l’affetto della famiglia, degli amici e gli eventi piacevoli aiutano tanto.
Eppure sono tante le donne che vivono l’esperienza dell’aborto, più di quanto si pensi. Ognuna vive questo momento con una intensità e reazioni diverse, cercando la forza di superarlo da sola, con il compagno o altro, con i suoi tempi e modi. E non dimenticate che anche il vostro compagno, se pur in maniera differente, ne soffrirà.
Se ti è capitato, quindi, di abortire, prenditi il tempo necessario per superare questo evento, cerca di dedicarti a ciò che ti fa stare bene, condividi, se ne hai voglia, le tue emozioni, perché un giorno starai meglio e vedrai le cose in maniera differente.
Se, invece, capita a qualcuna che conosci, sii discreto, non cercare di sminuire il suo dolore, ascolta o resta lì ad aspettare che sia lei ad aver voglia di parlare o di uscire, rispetta i suoi sentimenti.
La foto che ho voluto mettere è l’opera di uno scultore slovacco, Martin Hudàceka, che ha realizzato un monumento ad un bambino mai nato: nella donna si vede tutta la sofferenza, il dolore, nel bambino mai nato il perdono, l’amore verso la mamma espresso nella carezza. L’artista trasmette nella sua opera il senso delle tragedia che ritroviamo anche nelle donne che, per vari motivi, scelgono di interrompere la gravidanza, il cui rimorso, forse, non le abbandonerà per tutta la vita. Non giudichiamo mai.

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