Epatite A: attenzione ai prodotti low cost e ai cibi provenienti dall’oriente

Epatite A

Negli ultimi anni i casi di epatite A sono aumentati notevolmente: secondo i dati del Ministero della Salute lo scorso anno sono stati denunciati 1.463 casi.
Questa malattia si manifesta all’inizio con sintomi simili all’influenza: nausea, vomito, inappetenza e febbre, ma nell’arco di una settimana compare il colorito giallo della cute, urine scure e prurito diffuso. Nella maggior parte dei casi non è necessario il ricovero in ospedale e la malattia si risolve spontaneamente, solo in alcuni casi può durare qualche mese.
A veicolare il virus dell’epatite A non sono solo i cibi low cost di scarsa qualità ma anche quelli importati dall’Oriente. Il pericolo di contagio è più alto a causa della scarsa igiene nella catena della filiera. Questo accade di meno nei paesi occidentali dove i controlli, per la produzione e il confezionamento, sono più serrati.
Bisogna comunque fare sempre attenzione quando si acquistano prodotti sfusi e quando non si conosce la provenienza, magari evitando quelli a prezzi esageratamente bassi perché potrebbero essere meno sicuri di quelli di marchi noti.
I cibi più rischiosi sono: crostacei e molluschi, pomodori secchi, verdura fresca, fragole, succhi, acqua in bottiglie non sigillate e cubetti di ghiaccio.
La prima regola per la prevenzione, soprattutto se si va in zone a rischio è il vaccino, efficace già dopo 14-21 giorni dalla prima dose, con richiamo da effettuare dopo un anno, e copertura per 10 anni.
Per quanto riguarda le precauzioni da tenere sempre, anche in Italia dove comunque è possibile il contagio, basta stare attenti al consumo di frutti mare crudi o poco cotti e verdure crude, soprattutto in zone dove si sospetta la presenza di acque inquinate; lavare sempre gli alimenti sotto abbondante acqua corrente per rimuovere materiale biologico contaminato dal virus; sbucciare la frutta; cuocere bene verdure e frutti di mare; lavare frequentemente le mani.

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